Caster Semenya, una grande atleta di cui però spesso si parla solamente per tutta la sua storia e la sua inchiesta biologica più che per le sue grandi prestazioni sportive.
Una donna che corre gli 800 metri come nessuna in questi ultimi anni.
Già da anni girano grandi voci attorno a questo caso di come, anche a livello fisico, l’atleta sia molto mascolina.
Nell’ultima inchiesta sono state scritte ben 163 pagine dal Tasi di Losanna in cui si sostiene come la donna debba necessariamente sottoporsi a terapie d’urto per ridurre il suo grande volume di testosterone nel sangue.
Semenya, infatti, ha un livello di testosterone troppo alto per essere considerata idonea alla partecipazione delle gare femminili.
Caster ha anche accusato la federazione mondiale di atletica di essersi sentita come una cavia e di non ritenere giusto il fatto di essere stata costretta ad effettuare esami sul suo sesso e sulla sua biologia.
Due medagli d’oro olimpiche non bastano a dimostrare il suo grande valore, o meglio lo dimostrano ma nel suo caso sembrano solo insospettire ancora di più sul suo corpo.
La donna entra nella categoria delle atlete iperandrogenismo, ovvero un elevato testosterone nel sangue rispetto ai livelli femminili standard.
Le donne che si trovano in questa condizione devono fare delle cure terapeutiche specifiche.
Questa regola è stata molto discussa ed attualmente è stato sospesa, ma Semenya non è ancora scesa in pista apparte una tappa della Diamond League in cui ha dimostrato tutta la sua forza vincendo gli 800 metri con un grande tempo.
Il caso sembra chiuso con l’obbligo di fare terapie, ma qualcosa ci dice che in realtà la lotta per i diritti delle atlete donne non è ancora finita.